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perfetto così com'è

C’è una moda oggigiorno, invero alquanto deleteria, che spinge le persone a trangugiare fette di consapevolezza come fossero anguria, per rigettare poi tanti semini di spiritualità spicciola da fast food.

Le famose “americanate”, Legge d’attrazione alla guagliò, what the bleep we know, di fatto non ci cambiano da un punto di vista “reale”, semplicemente spesso ci riempiono di ulteriori concetti astratti, senza un fine pratico da un punto di vista del lavoro su noi stessi, rendendoci più miserabili di prima, con in più la convinzione di essere “esseri di Luce”. Inoltre questo tentativo potrebbe anche condurre alla cieca  convinzione di essere perfetti in Sé, omettendo di vedere i difetti, allontanandoci ancor di più dalla nostra verità.

Nel mio percorso fatto di molta meditazione, tanta Dermoriflessologia, e litri di fiori di Bach, spesso mi lascio ispirare dalle parole di chi questa marmaglia di concetti non l’ha nemmeno mai vista, ma si è abbeverato alla fonte della verità e ha portato al mondo uno spiraglio vero di consapevolezza.

Tulku_Urgyen_Rinpoche Uno di questi è Tulku Urgyen Rinpoche che nel suo “Il Risveglio” ha detto con poche semplici  parole verità molto importanti. Leggo.

 “La nostra natura fondamentale non è per nulla differente da quella di un Buddha. È simile  al puro spazio, il quale, che sia un cielo oscurato da nuvole un cielo terso e limpido, rimane lo  stesso nella sua fondamentale natura essenziale. Ma se avete la pretesa che la vostra natura  sia già illuminata e non progredite sul sentiero eliminando gli oscuramenti, allora la vostra  natura illuminata non si manifesta. Perciò, dobbiamo guardare alla realtà effettiva, ai fatti.  Abbiamo o no oscuramenti?  Se vedete che ci sono ancora oscuramenti, non potete evitare il  compito di eliminarli raccogliendo le due accumulazioni“.

 La metafora è di quelle che lasciano il segno. La mente originaria è primordialmente pura,  inviolabile, come il cielo azzurro. Le nubi sono i pensieri che vi passano sopra. L’attaccamento  a questi pensieri produce la pioggia e ci fa lamentare dell’umidità.

 Il concetto è semplice. Abbiamo ombre? Dobbiamo lavorare per rimuoverle, altrimenti la luce non si manifesta. Come diceva secoli fa Hakim Sanai, grande Sufi, nel suo Giardino Cintato della Verità: “Bisogna pulire lo specchio, altrimenti anche gli Angeli avranno il volto dei demoni“.

Qual’è la cartina tornasole? Semplice. Ci sono Ombre in me? Ho paura? Proietto? Mi assalgono le emozioni negative?

Tulku Urgyen Rinpoche ha visto oltre la cortina, sa che la nostra natura essenziale è la buddhità. Infatti dice:

Se la nostra natura non fosse già illuminata, non potremmo risvegliarci a essa, per quanto intenso possa essere il nostro sforzo. La natura di Buddha non può essere creata. La nostra natura è illuminata sin dal principio, ma attualmente è oscurata dal nostro corpo, dalla nostra parola e dal nostro pensiero discorsivo“.

Questo passo è interessantissimo. Il pensiero discorsivo è un sottoprodotto dalla mente che, non riconoscendo la propria natura di vacuità, si attacca al pensiero discorsivo stesso, rendendolo reale. Quante persone mi fanno domande sciocche che non hanno risposta alcuna e denotano che in loro vi è semplice attaccamento al pensiero discorsivo. Un pensiero genera un altro pensiero, che genera un altro pensiero, che genera un altro pensiero. E così via, fino all’infinito. Povero Freud. Un bambino disperso in un labirinto di giocattoli.

Da qui in poi Urgyen falcia completamente quasi tutto il mondo pseudo-spirituale occidentale, dicendo:

Ci risvegliamo all’illuminazione riconoscendo e realizzando appieno l’essenza pura sin dal principio, già presente, come la nostra natura. È così che si può essere un Buddha risvegliato. Anche se lo stato illuminato in realtà è già presente, immaginare o creare un concetto dell’illuminazione non vi fa illuminare.  Equivale a essere affamati e guardare un piatto di cibo cercando di immaginarne il sapore.

Allora a cosa serve immaginare: “Uhm,  sto mangiando, non ho più fame”?

Potete farlo a lungo, in effetti, eppure ciò non cancella la vostra fame. Quando mettete davvero il cibo in bocca, sentite che è gustoso, e l’appetito è soddisfatto. La stessa cosa vale per l’esperienza. Essa accade in un modo diretto, nella realtà effettiva, non grazie a una teoria del sapore. Se la vostra pratica della meditazione consiste soltanto nell’esercitarvi a immaginare tenendo a mente qualcosa, non è esperienza diretta, bensì solo teoria“.

La maggior parte degli pseudo-ricercatori spirituali occidentali cade in questo tranello del confondere il concetto con l’esperienza e questo non porta all’illuminazione. Ripetersi a livello di pensiero discorsivo che “tutto è perfetto”, ve ne sarete accorti, non ci priva della sofferenza.

Conclude Tulku Urgyen:

Spesso sentite insegnare che tutte le cose sono vuote e prive di una propria identità, che nell’individuo non c’è un’identità personale, è che tutti i fenomeni sono privi di una natura propria. Il semplice ascolto di questo insegnamento, o anche la sua comprensione intellettuale, non significa granché. L’unico modo di realizzarlo consiste nel riconoscere la nostra essenza, la sveglia presenza spontanea che è per natura vuota. Non è immaginando la vacuità che diventiamo liberi, bensì sperimentando la vacuità naturale“.

La prolungata meditazione sul presente, ad esempio veicolata dalle sensazioni del corpo, conduce ad abbattere quel muro (che è fatto semplicemente di elettromagnetismo a cariche opposte) che noi consideriamo essere l’altro, il “fuori”. La vera divisione avviene a livello della coscienza e in special modo col linguaggio che è il principale strumento di dualità (Io – Tu / Io – Spazio) e, come sappiamo, il linguaggio è il vettore del pensiero discorsivo.

risveglio-tulku In pratica noi “crediamo” alla realtà che abbiamo davanti agli occhi perché i nostri sensi ci indicano che è “reale” e  siccome non abbiamo la consapevolezza che la distinzione tra “Noi” e lo “spazio” viene creata dalla nostra mente discorsiva  (1° aspetto), e che lo sforzo interiore di abbandonare questo dualismo viene fatto dalla volontà di morire a noi stessi,  sacrificando ieri (il passato, chi siamo stati) e il domani (futuro, l’immaginazione di chi saremo), ci siamo inventati che  “tutto è perfetto così com’è”.

 Ma non è sufficiente dire che “tutto è perfetto” se in noi esiste ancora traccia di sofferenza, che è rappresentativa di  immaginazione da una parte, e legami karmici, dall’altra.

  Dice Tulku Urgyen: “Per conseguire l’illuminazione, dovete sperimentare direttamente la vacuità della mente. Vuoto vuol   dire non sorgere, non rimanere e non cessare. È come lo spazio qui attorno. Da dove scaturisce? Dove si ferma? E dove        finisce? È la stessa cosa“.