Usiamo il termine Anima per riferirci a quel fattore umano sconosciuto che rende possibile il significato, che trasforma gli eventi in esperienza e si comunica nell’Amore.
Quando l’Anima è costretta a rinunciare al suo tesoro, alla sua creatività, quando l’Anima è affamata, allora deve trovare qualunque cosa le consenta di riportare in vita ciò che la nutre. Nessuno può restare lontano dal suo cibo. Nessuno può esistere senza nutrire il profondissimo spazio in cui un tempo si è assaporata la gioia. Giacché il tempo della gioia è venuto, almeno una volta per tutti e giacché tutti ne abbiamo ricordo, tendiamo per sempre di cercare di tornare a quel tempo, a quel momento, in cui conoscevamo l’Anima e che rappresenta per noi il giardino dell’Eden.
Allora mettiamo in atto la proiezione. La proiezione è una difesa, ma anche una procedura fisiologica di ricostruzione del passato, qualsiasi passato. La proiezione è rievocazione, cioè è memoria associativa in atto, sia pur inavvertita.
Il tentativo di rievocare e ricreare la situazione di massima espressività dell’Anima è il tentativo di riappropriarsi della propria essenzialità, del nucleo pulsante da cui parte e si mette in moto la nostra vita psichica. Niente accade al di fuori e oltre questa dinamica. Nessuna azione o pensiero, emozione o sentimento è estraneo da questo sforzo verso il ricongiungimento al Sé. Talvolta riunirsi all’Anima comporta tentativi pericolosi, percorrenze dolorose, in cui rifare a ritroso il cammino verso l’Anima, dopo che ne siamo stati allontanati, significa imbatterci in persone e situazioni significative che sono il nostro perturbante; significa scavare dentro al rimosso, all’inaccettabile, incontrare l’Ombra. Perché se è vero che abbiamo vissuto con l’Anima e cerchiamo il ritorno ad essa, è vero anche che siamo partiti, ce ne siamo distaccati e che la vita ha composto un grande labirinto per noi, in cui ci siamo perduti e di cui cerchiamo l’uscita. Il tentativo di ripristinare il contatto con l’Anima è destinato a fallire se neghiamo innanzitutto ciò che siamo qui e ora, con le nostre storie e tutto ciò che abbiamo fatto, buono o cattivo riteniamo che sia. Tornare all’integrità iniziale significa riconoscere che tutta l’esperienza ruota intorno al centro. Dal centro all’esterno i movimenti si compiono in una danza di cui siamo inconsapevoli. Prendiamo fuori ciò che serve al movimento verso l’Anima, diamo all’esterno ciò che ci serve per ritornare ad essa. Sempre ci guida questa urgenza, questa pulsione verso e attraverso, e tutta l’energia che impieghiamo per sorreggere, strutturare, arginare e difendere questo processo di ricongiungimento è ciò di cui è fatta la nostra vita.
Possiamo immaginare le nostre ferite non più soltanto come lacerazioni da rimarginare, ma come cave di sale dalle quali trarre un’essenza preziosa e senza le quali l’Anima non può vivere. Noi produciamo sale quando soffriamo e elaborando le nostre sofferenze, aggiungiamo sale, guarendo così l’Anima dalla sua malattia di carenza di sale.
James Hillman